Si è appena svolta la prima giornata del convegno dedicato a giovani Riva educatore, ad Agropoli, il 4 marzo scorso.
Dall’intervento della Prof.ssa Angela Volpe:
“Una volta eravamo con delle studentesse a chiacchierare dopo una sua lezione, credo proprio sulla voce del cuore, il cuore unico che ogni uomo di ogni parte della terra e di ogni cultura ed epoca ha (poi vi racconto un episodio su come Giovanni spiegava praticamente questo, quando gli si diceva che non è vero perché ogni persona ha i suoi valori diversi da quelli degli altri) . Ce ne fu una che gli disse (le parole esatte non le ricordo, ma la sostanza era questa): “Guardi, professore, razionalmente capisco che quello che lei dice è giusto ma io provo proprio un disgusto a sentire la parola “dio”. [Ci sono persone in Giappone e, purtroppo non solo là, che sono rovinate psicologicamente ed economicamente quando entrano a far parte di certi gruppi religiosi]. Allora Giovanni le disse.
“Uno ha una donna meravigliosa alla quale vuole bene e la vuole presentare ai suoi amici. Allora gli amici gli dicono. “Come si chiama?” E lui: “Non lo so quale sia il suo vero nome. Io la chiamo Anna”. Allora gli amici dicono “Che brutto nome, anche lei deve essere una brutta persona”. [Scusate, è un esempio, il nome Anna è bellissimo!] Allo stesso modo, quando noi diciamo la parola “dio”, non la colleghiamo alla nostra felicità personale, ma subito all’idea di una certa tradizione religiosa di un popolo. E, se quella tradizione non ci piace per motivi storici, personali o psicologici, rifiutiamo allora il concetto stesso di “dio”. Però l’amico insiste: “Forse il nome è brutto ma lei ha i capelli neri, ha gli occhi a mandorla, è intelligente, ha il cuore buono”. Cioè cerca di spiegarne i contenuti. Allo stesso modo, sulla parola “dio”, si sono sovrapposti tanti di quelli strati, che non riusciamo più a vederne l’essenza. Per esempio, anche per i cristiani dio è diventato così: un’immagine di un occhio in un triangolo, un vecchio dalla barba bianca. Ma il dio che ti voglio spiegare io è il dio che ha a che fare con la mia piena realizzazione, un dio che perciò entra in relazione con me, perché altrimenti, anche se esiste, è come se non esistesse”. (Lezione dicembre 1991, classe di Culture internazionali, pubblicata in giapponese: Fede e ragione, due conferenze di Giovanni Riva all’università Seirei di Nagoya, “Nagoya Seirei tanki daigaku kiyō”, marzo 1992, 189-180 (181-195) .
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