L’installazione “La classe dei banchi vuoti racconta…” rientra in un progetto di cittadinanza attiva che mira alla conoscenza del ruolo delle Istituzioni a tutela dei valori democratici, all’affermazione della cultura della legalità, a educare all’accoglienza, al rispetto degli altri e alla solidarietà, nella consapevolezza che fare politica vuol dire perseguire il bene comune e non rimanere indifferenti davanti alle ingiustizie.
I miei studenti lo scorso anno scolastico hanno avuto l’opportunità di essere cittadini attivi e di leggere i nomi delle vittime innocenti di mafia il 21 marzo, presso il Parco del Popolo di Reggio Emilia, insieme alle Istituzioni cittadine e ad altre comunità educanti della città. Per celebrare questa giornata, la XXIX° Giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti di mafia, con alcune classi si è deciso di ricordare ragazzi e ragazze la cui breve vita è stata falciata dalla mafia attraverso un’installazione temporanea.

“C’era una classe, in Italia, piena di banchi vuoti. Per il resto somigliava a qualsiasi altra classe di una qualsiasi scuola del nostro Paese: con la cattedra, la lavagna, mappe e cartelloni alle pareti e in mezzo file poco ordinate di banchi”.
La classe dei banchi vuoti, descritta con queste parole da don Luigi Ciotti nell’omonimo libro, ha popolato l’atrio dell’Istituto attraverso un’installazione curata dalle classi 3A e 3C. Le parole del fondatore di Libera hanno ispirato gli alunni, hanno permesso loro di immedesimarsi e di dar voce a chi non c’è più.
Arrivando a scuola si vedono undici sagome nere sedute ai banchi, si ode il vociare della classe. Con gli alunni c’è un’insegnante, Filomena Morlando, che fa l’appello: Bonforte Andrea, Cambria Annalisa, Di Matteo Giuseppe, Durante Annalisa, Esposito Annalisa, Fazio Michele, Gabriele Domenico, Gargiulo Giovanni, Lamberti Simonetta, Letizia Giuseppe, Marchitelli Gaetano. Le loro storie sono raccontate attraverso simboli, oggetti, disegni, diari e libri. Si può aprire il cartone della pizza, far uscire i sogni di Gaetano e mettergli sul capo una corona di alloro, si può leggere un romanzo con Annalisa, si può alzare in aria una coppa per la partita di calcetto vinta da Domenico, si può andare in spiaggia con Simonetta al sole di maggio, chiacchierare al bar davanti a un caffè con Andrea, andare a cavallo con Giuseppe, tifare il Napoli con Giovanni, comprare un lucidalabbra in centro sabato pomeriggio con Annalisa e scrivere sulle pagine del suo diario. Chi è stato travolto dall’ondata delle guerre di mafie, chi è stato testimone di un omicidio, chi è stato usato come pedina per vendette tra clan. La lavagna disegna le tracce delle loro vite spezzate e nello stesso tempo porta parole di speranza e di cambiamento.
Non si tratta di fiction ma di storie vere che scuotono gli animi e gridano memoria e impegno affinché non capiti più. L’insegnante li guarda studiare, impegnarsi, giocare, sogna con loro un futuro migliore e sa che “la mafia teme la scuola più della giustizia”, come dice don Ciotti. Con sacrificio e passione, tra la correzione di un compito e la preparazione di una lezione, Filomena non smette mai di trasmettere valori autentici e di dialogare con i ragazzi.
Gli alunni delle altre classi e le tante altre persone in visita a questa installazione temporanea, guidate dalla 3A e dalla 3C, si sono immerse in questa aula aperta, diversa e viva, hanno esplorato tra i banchi, hanno letto le biografie, si sono emozionate e immedesimate. Hanno potuto lasciare un fiore, un pensiero, un disegno e appenderlo ad un albero, i cui rami hanno oltrepassato il tetto della scuola e spero abbiano viaggiato lontano, recando un messaggio di legalità e di speranza.


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