Il tempo dell’ideale: terzo appuntamento del convegno

L’ultima giornata del convegno “Giovanni Riva il mio prof: la novità di educare” si è svolta il 27 aprile 2024 al centro Universitario Diocesano “Giovanni Riva” di Cava dei Selci (Marino, Roma) e aveva come tema “il tempo dell’ideale”.

Gli interventi e le testimonianze della giornata hanno infatti sottolineato come il prof. Riva abbia accompagnato prima i suoi figli, poi, nelle loro scelte, tanti giovani che dalla scuola entravano all’università, ha suggerito come muoversi nel mondo universitario in modo umano e come vivere l’università come una occasione. Più in generale, come affrontare il mondo della cultura, ovvero,
tutta la realtà con un giudizio.

Nel messaggio di benvenuto di don Nicola Riva, Direttore del Centro Universitario Diocesano che a Giovanni Riva è dedicato, proprio a sottolineare l’instancabile passione che lo alimentava per l’educazione dei giovani, ci ha ricordato che in luoghi come questo “I giovani imparano a donarsi e a servire l’umanità che bussa alla nostra porta nelle diverse circostanze; è un’umanità assetata di compagnia umana vera e di senso autentico della vita.”


Elena Lanzoni, poi, per l’Associazione The Great Teachers ha introdotto i lavori:
Siamo molto contenti di concludere, proprio qui, oggi, questo appuntamento, che non ha voluto essere un momento di ricordo di Giovanni Riva e di quello che è stata la sua attenzione educativa ai giovani, ma è un punto di partenza che ci lascia con il desiderio di rendere contemporaneo quello che da lui abbiamo imparato, richiamare a tutti questa urgenza educativa delle nuove generazioni e
soprattutto questo desiderio che ciascun giovane sia guidato e accompagnato nelle scelte che occorre fare nella vita. (…) L’abbiamo voluto intitolare “Il tempo dell’ideale” ricordando una lettera che il professor Riva scrisse a un giovane che lo interrogava sull’uso del tempo “libero”, del tempo che si deve liberare dalla mentalità dominante per essere pieno e dedicato, il tempo della
libertà, ovvero della scelta più profonda cui un giovane si trova davanti, quella della propria vocazione. Il professor Giovanni incoraggiava ogni giovane ad avvalersi delle “armi” più belle che abbiamo a disposizione per liberarci: il proprio cuore (coscienza), la storia (con le sue tante domande) e la compagnia, la costruzione di rapporti, di legami fondati non su un gusto o un’idea,
ma su una Persona che per lui era Gesù Cristo. E poi l’attualità, il tempo che ci è dato di vivere e le sue sfide.”


Sono poi interventuti, con le loro testimonianze coloro, vivendo con lui, sono cresciuti nella propria identità: Mariachiara Riva, Cecilia Ferrari, Luis Orellana.


Mariachiara Riva è figlia di Giovanni e Wally Riva, è la terza dei cinque figli. Vive e lavora in Francia. Ha due figlie, Madeleine ed Astrid. Il suo intervento ha voluto raccontarci di suo padre, Giovanni Riva.
“(…) Il lunedì sera, se libero da impegni di lavoro o dai suoi viaggi, Giovanni guardava con noi il Tenente Colombo. Da lì in poi, negli anni dell’adolescenza, poi della giovinezza e dell’età adulta, Giovanni ci avrebbe indicato molti film capaci di educare e di infondere la nostalgia segreta di un’altra forma di saggezza e purtuttavia non escludeva nulla! Si rideva molto davanti a film comici,
così come si stava – a volte con fatica – fino alla fine davanti a film d’autore, antichi e recenti. Noi si tornava a scuola e, scambiandoci con i compagni i racconti del week end, “che film hai visto?”, come avrei voluto io rispondere qualcosa di più popolare, mentre i miei fratelli – più coraggiosi di
me – rispondevano la verità: “Molokai”, il film di padre Damaino coi lebbrosi, “Un uomo per tutte le stagioni”, “Il settimo sigillo”, “Ordet” o altri film; soprattutto la serie dei film con Defunes, che amava molto, ma anche i “Blues Brother”. Racconto questo per dire che Giovanni pensava liberamente a tutto, come un filosofo, con tanta finezza quanta scrupolosità, tanta decisione quanto
tolleranza: era un pensatore libero; lo era nella massima forza e nel senso migliore della parola. E ci insegnava ad esserlo, cioè lasciava via libera intorno all’Essenziale.
Questa è anche la risposta che potrei dare ai molti che mi chiedono “vivendo con Giovanni non hai dovuto scegliere il cammino cristiano, c’eri già dentro” (quasi come se dovessi giustificarmene, come se si ambisse a essere “figli di ignoti”). Sì, nella famiglia di Giovanni Riva – lo posso dire ora -l’ambiente ci penetrava e si confondeva con la nostra stessa vita, come un pesce nell’acqua.
Questo non ha mai tolto, anzi al contrario, la scelta di un’adesione personale, tanto più libera quanto faticosa a volte: Giovanni insegnava la libertà e lasciava liberi di servirsene. (…)”

Cecilia Ferrari, insegnante di Arti plastiche alle scuole medie e superiori in Francia, ci ha parlato di come il professor Riva l’ha accompagnata nel periodo degli studi universitari e di come la sua amicizia ha cambiato il suo modo di insegnare.
“(…) Proprio perché questa esperienza quotidiana era così ricca, ho, e abbiamo, preso l’abitudine di confrontare anche le nostre scelte personali insieme a Giovanni, che ritagliava sempre del tempo per consigliarci. Ripenso per esempio a quel pranzo, subito dopo il mio esame di maturità, in cui sono arrivata con tanti documenti trovati qua e là per continuare gli studi artistici che volevo fare vicino a casa. Lui, un po’ divertito perché avevo stampato solo la metà delle informazioni e mi perdevo in tutti quei fogli disordinati, mi ha risposto: “Ma perché non provi anche a informarti all’accademia di Venezia?”. Lì vivevano già da qualche anno altri amici che vivevano l’esperienza di quelle che chiamammo le domus, e che sarà raccontata negli interventi di oggi.
Giovanni mi ha sempre aiutata a scegliere attraverso domande che mi lasciavano totalmente libera e allo stesso tempo che mi provocavano a uscire da me stessa per aprirmi sempre a una comunità di amici. “Perché non provi?” o “Se vuoi…(…)”.


Luis Orellana, violinista, allievo del Conservatorio di Musica di Santa Cecilia, ha parlato delle Domus, come la “Domus Internationalis” in cui vive qui a Cava dei Selci, e la “Domus Ornella Guariglia” a Santa Maria delle Mole. Le “Domus” sono una esperienza educativa per giovani universitari, nata anch’essa da un’intuizione del professor Riva.
“ (…) Le Domus nascono, quindi, da un’esigenza oggettiva particolare. Così lo è stato per me, ma anche per tutti gli altri ragazzi che ci abitano. La proposta di vita delle Domus non è una semplice coabitazione, ma una convivenza che ha come punto di partenza, e come fine, l’Agape di Gesù Cristo. È un abitare che ci mette davanti alla verità del fatto che siamo persone in rapporto con gli altri e con il Mistero. È un abitare con la coscienza che le persone che ne fanno parte, che mi sono state messe a fianco, sono un dono, del quale bisogna ringraziare e custodire ogni giorno. Questa realtà, questo modo di attenzione reciproca, si deve costruire concretamente in ogni momento durante la giornata e per aiutarci in questo abbiamo una minima regola, attenta all’essenziale, che comporta una normale fatica, un sacrificio di se stessi, ma è tutto per far trasparire, in ogni momento e situazione, Gesù Cristo. Questa regola è molto concreta, dato che non è una semplice teoria o idea, ma è una vita. Ci sono degli orari comuni di preghiera, la mattina, il pomeriggio e la sera, per aiutarci a scandire il ritmo delle giornate; quando si resta a casa e non si deve andare all’università, si tiene un clima di silenzio per favorire l’ascolto di Dio, nella preghiera, nello studio e negli interessi che riguardano l’essere umano. Fissiamo anche dei turni per le quotidiane faccende di casa, quali cucinare, apparecchiare, lavare, pulire le stanze, i saloni, i bagni, fare le lavatrici.
Abbiamo una cassa comune per pagare le bollette, fare la spesa insieme e per eventuali necessità e durante la settimana sono fissi dei momenti di studio, riflessione e conversazione tra le due Domus; è una vita. (…)”


È poi intervenuto Pasquale Cucco, ingegnere e architetto, attualmente docente e ricercatore di Architettura Tecnica all’Università degli Studi di Salerno e Visiting professor in varie università d’Europa e non solo. Il tema che gli abbiamo chiesto per il suo intervento è cosa significhi essere docente universitario, pubblicare articoli e scritti, dopo l’incontro con il professor Giovanni Riva.
“ (…) Giovanni Riva mi ha insegnato che tutto è funzione del Tutto, mi ha insegnato che educatore e allievo sono sullo stesso piano, scoprono la comune origine e il comune destino e insieme ricercano la verità delle cose, delle relazioni, della loro condizione umana, dell’andare con, dell’andare verso. Per tirar fuori questa umanità comune ci vuole un metodo, che in greco vuol dire “strada attraverso la quale si arriva in un certo posto”. La verità è proprio nel metodo. Un educatore deve aiutare nel trovare il metodo.
Talvolta invece si ritiene che la missione di un professore universitario sia oggi esclusivamente quella di formare dei professionisti competenti ed efficaci che possano soddisfare la domanda del mercato in ogni momento preciso. Sappiamo che quando la sola utilità e il pragmatismo immediato si ergono a criterio principale, le perdite possono essere drammatiche: dagli abusi di una scienza
senza limiti, ben oltre sé stessa, fino alle forme di totalitarismo che si ravvivavo facilmente quando si elimina qualsiasi riferimento superiore. Al contrario, l’idea genuina di università è precisamente quello che ci preserva da tale visione riduzionista e distorta dell’umano. Ascoltavo il Professore Giovanni discutere sulle questioni fondamentali dell’uomo, come per esempio quelle relative allo stesso senso del vivere e del morire che oggi sembrano venir estromesse dall’ambito dell’educazione per essere lasciate alla sfera della soggettività, o comunque
non funzionali alla formazione universitaria. Invece, lui ha dimostrato quanto fosse necessario assumere una visione unitaria del sapere orientata all’individuazione e alla scoperta del “significato ultimo”, e quanto lo sia ancora oggi. (…)”


E poi Caterina Squillaro insegnante alla scuola Primaria all’istituto comprensivo di Roccadaspide in provincia di Salerno, precisamente nel plesso di Fonte.
“ (…) La mia esperienza nella scuola è cominciata circa 15 anni fa, periodo in cui mi stavo avvicinando ai testi del professor Giovanni Riva. La cosa che mi ha colpito di più, oltre a dedicare la sua vita a Cristo, è stata la sua attenzione al prossimo, ed è questa particolarità che io cerco di mettere in pratica ogni volta che incontro qualcuno, soprattutto quando ho di fronte i più piccoli.(…)”


Anja Semeraro, educatrice del gruppo scout “Roma 13 del Divino Amore”, gruppo facente parte dell’associazione italiana guide e scouts d’Europa cattolici e ¿ collaboratrice con la diocesi di Albano Laziale e con il Centro Universitario Diocesano “Giovanni Riva” di Cava dei Selci, ci ha raccontato di come il metodo del professor Riva trova applicazione nella sua attività educativa.“
(…) Non ho ma vissuto una contraddizione tra quanto vivevo e maturavo con e nella Compagnia e il mio servizio nello scoutismo, anzi sperimento continuamente la bellezza e la veridicità dell’unità nel rispetto e nell’obbedienza dei metodi e dei carismi. Cito una frase del professor Riva:
«Non è che uno deve seguire come un altro. Ognuno deve seguire ciò che ha incontrato come lo ha incontrato». Se uno trova la propria corrispondenza non può rinnegarla. Tutto questo non può che essere un dono per le mie ragazze all’interno del metodo scout. Lo scoutismo è la strada a loro indicata, quella data
per raggiungere quella felicità di cui parla Giovanni. Leggere, studiare, pregare e meditare, condividere i testi di Giovanni Riva, coinvolgermi nell’amicizia della Compagnia, mi sostengono e incoraggiano a educare innanzitutto me stessa e poi il rapporto con le ragazze e non solo. (…)


La comunicazione principale della giornata è stata quella di Gian Guido Folloni, già direttore del quotidiano Avvenire e Ministro della Repubblica, è sposato con Mariolina, ha quattro figli. Dopo gli incarichi di governo si è dedicato alle relazioni internazionali con incontri e conferenze. È stato Parlamentary Advisor in progetti Istitution building delle Nazioni Unite nei paesi del Medio Oriente e in quelli della ex Jugoslavia.
“ (…) La mia presenza, il racconto dell’amicizia, o della compagnia come è scritto nel programma, si riferisce a un periodo antecedente. Ad anni nei quali molti di loro, e di voi, erano sì e no adolescenti: più o meno un decennio, dal 1969 fino a quando il lavoro ad “Avvenire” mi portò prima a Bologna, poi a Milano. Un decennio, dunque, durante il quale si svilupparono le solide radici dalle quali presero poi forma le molte realizzazioni alle quali Giovanni avrebbe dedicato tutti
suoi anni, e il suo tempo: l’Opera di Nazàret, tra tutte.
(…) Con Giovani lo sguardo era largo, ad avvolgere tutta la realtà. Una pedagogia, la sua, capace di abbracciare la complessità del vivere: Jaca Book, Il barbaro, Città Armoniosa, il volantinaggio in fabbrica. La cultura come sapere ben prima e molto più dell’erudizione. Poi ci saranno le scelte condivise che per me portarono ad Avvenire, alla Democrazia Cristiana e alle responsabilità istituzionali del parlamento e del governo. E per Giovanni ai tempi del Messico e
all’internazionalità. (…)”


La giornata si è quindi conclusa con il saluto e la benedizione di Sua Eccellenza Mons. Vincenzo Viva, Vescovo della Diocesi Suburbicaria di Albano.
“(…) Io penso che sia proprio bello e significativo che si parli di educazione, in questo tempo in cui avvertiamo il bisogno di educatori che siano accompagnatori dei processi di crescita, di trasformazione della coscienza, di maturazione delle persone.
Come forse sapete, proprio la categoria dell’accompagnamento è una categoria che è risuonata nel Sinodo sui giovani, è una categoria che sta anche al centro del cammino sinodale nelle nostre chiese, in Italia e anche qui nella nostra diocesi. È stato reclamato da parte di tante comunità, specialmente dei giovani, il bisogno di avere degli accompagnatori e di avere un accompagnamento sempre più personalizzato.
Dobbiamo tener presente che educare vuol dire proprio accompagnare ed educare significa stabilire delle relazioni significative, che diventino poi anche trasformanti. D’altronde, è il modo con cui anche Gesù stesso ha realizzato la sua opera di evangelizzazione; Gesù ha evangelizzato chiamando i discepoli a stare con sé facendo l’esperienza dell’amicizia, facendo l’esperienza del camminare
insieme. Li chiamò perché stessero con lui. Il primato delle relazioni, questa realtà dell’accompagnamento, io l’ho trovata anche qui nel nostro
Centro Universitario Diocesano. (…)”


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